Se immaginate il fascismo come quello del secolo scorso – le camicie nere, l’olio di ricino, le squadracce con i manganelli – allora avete ragione: oggi non c’è niente di tutto questo. Per adesso. Ma quello che sta accadendo in giro per il mondo, questa ondata reazionaria e autoritaria che soffoca i diritti e criminalizza il dissenso, non è molto distante da ciò che accadde un secolo fa all’alba delle peggiori pagine della storia dell’umanità. Negli USA, in Israele, e anche in Italia. E chi governa oggi non solo non frena questa deriva, ma la alimenta.
Il fascismo non si presenta più in divisa. Non ha bisogno di marciare su Roma, gli basta un algoritmo e un buon ufficio stampa. Ma la sostanza è la stessa: repressione, paura, censura.
Negli Stati Uniti, la Guardia Nazionale spara contro i manifestanti che protestano contro le deportazioni di massa. Non è un’esagerazione: parliamo di oltre “novemila persone già trasferite a Guantanamo”, tra cui anche diversi cittadini italiani, secondo quanto riportato dal Washington Post. Famiglie spezzate, bambini separati dai genitori, centri di detenzione riaperti sotto il nome rassicurante di “zone di sicurezza nazionale”.
Una giornalista australiana è stata colpita da un proiettile di gomma mentre documentava le proteste. Trump, tornato al potere con il sostegno di un’America spaccata e impaurita, ha definito i manifestanti «animali» e «nemici interni». La mobilitazione dell’esercito? Giustificata dal “caos”, dall’“emergenza”. Ma non c’era stato un morto. Nessuna vittima. A differenza di Capitol Hill, dove i suoi fanatici – incitati da lui stesso – provocarono quattro morti tentando di impiccare Pence e Nancy Pelosi. Oggi, quegli uomini sono stati “graziati”. Riabilitati.
Nel frattempo, Trump si è arricchito. Ha lanciato una sua criptovaluta, ha fatto affari personali con i regimi del Golfo, ha ricevuto in dono un jet privato, ha eliminato l’assistenza sanitaria ai più deboli e ha ridotto le tasse per l’1% più ricco. Ha litigato con Elon Musk – che lo ha accusato di essere implicato con Epstein – mentre i fascicoli sul caso restano secretati.
Sul piano economico, ha giocato con i dazi come fossero petardi: li ha alzati, abbassati, sospesi, rilanciati. Anche contro l’Europa. Anche contro l’Italia. L’unico paese a ignorarlo? La Cina, che ha semplicemente continuato a reggere in piedi buona parte dell’economia americana.
Ma la parte peggiore arriva ora.
Trump, paladino della libertà di parola contro la “dittatura woke”, ha vietato l’uso di parole come «genere», «donna», «diritti» nei documenti pubblici e nei progetti finanziati dallo Stato. Ha minacciato tagli alle università che non si conformano alle sue direttive. Chi protesta contro il genocidio a Gaza viene considerato complice di Hamas: schedato, espulso, deportato.
E a proposito di Gaza, Trump ha già annunciato la sua “visione per il futuro”: trasformarla in una “riviera orientale” per ricchi americani. Hotel, casinò, resort costruiti sulle rovine delle case palestinesi. Altro che processo di pace.
Tutto questo non è un insieme casuale di episodi. È un piano. È un disegno politico. Ed è globale.
In Israele, il massacro di Gaza è stato giustificato come risposta al 7 ottobre, ma in realtà è l’occasione perfetta per completare un progetto mai abbandonato: “la cancellazione del popolo palestinese dalle proprie terre”
In Italia, quando mancano risposte alla crisi sociale e si temono le proteste, si risponde con “leggi “sicurezza” sempre più repressive”, con decreti che vietano i cortei, limitano la libertà di espressione, schedano gli attivisti e colpiscono chi dissente.
Negli Stati Uniti, le deportazioni servono a distogliere l’opinione pubblica dai tagli alla sanità e agli aiuti per i ceti deboli.
In Israele, la guerra serve a riscrivere i confini con le bombe.
In Italia, il manganello torna per mancanza di argomenti.
Come si chiama tutto questo? Fascismo.
Non servono più camicie nere. Basta controllare il linguaggio, reprimere il dissenso, criminalizzare la solidarietà.
E chi governa, oggi, non è estraneo a questa deriva.
Giorgia Meloni è parte del problema
È stata tra le prime a congratularsi con Trump, chiamandolo “modello contro il pensiero unico”. Ha evitato ogni critica alla sua politica repressiva. In ambito NATO, ha appoggiato la linea trumpiana di limitare il potere della Corte Penale Internazionale. In patria, ha promosso leggi che limitano il diritto di manifestare, che colpiscono le ONG, che riducono la libertà d’espressione.
Non siamo più di fronte a scelte sbagliate. Siamo dentro un disegno coerente. Eversivo. Autoritario.
Se l’Unione Europea avesse ancora un minimo di dignità, se l’Italia avesse una politica estera autonoma, sarebbe il momento di “prendere le distanze”. Di dire con chiarezza: non è questo il mondo che vogliamo.
Di smettere di allearci con chi calpesta i diritti. Di tornare a chiamare le cose con il loro nome.
Trump è stato eletto? Anche Hitler lo fu.
Una democrazia non si giudica dalle urne. Ma da ciò che fa, da ciò che vieta, da chi protegge.
E oggi, in troppe capitali del mondo libero, “la libertà è già sotto sequestro”.